
Caduta del bambino dall’altalena e responsabilità dei genitori
03/04/2025I doveri di vigilanza e custodia della casa di riposo

La Corte di Cassazione, Sezione III, con l’ordinanza n. 26320 del 29.09.2025, enuncia i profili di responsabilità del gerocomio nel caso in cui l’anziano ospite si allontani dalla struttura e poi deceda.
Il caso trattato è quello di Tizia che conveniva in giudizio una società che gestiva una casa di riposo, allegando che:
– la madre, invalida al 100% perché affetta da demenza senile con gravi turbe di comportamento e parkinsonismo, era stata affidata alla struttura gestita dalla società convenuta a fronte del pagamento di una retta mensile;
– durante la permanenza presso la casa di riposo, la madre era scomparsa e, all’esito delle ricerche, era stata trovata fuori dalla struttura, deceduta per assideramento.
Tizia chiedeva dunque la condanna della convenuta, per omissione della vigilanza e custodia, al risarcimento dei danni biologico e per perdita del rapporto parentale, iure proprio, biologico terminale e morale catastrofale, iure hereditatis, nonché patrimoniale per spese funerarie e perdita del contributo materiale familiare.
Il Tribunale accoglieva la domanda e la Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado. In particolare, oltre al resto, era stato accertato che:
- la struttura si era impegnata, con contratto atipico di spedalità, alla cura sanitaria e salvaguardia della persona, non incidendo, l’eventuale stato d’incapacità d’intendere e volere, sulla sussistenza di tali obblighi, bensì solo sulle relative modalità;
- le difformi clausole del regolamento della Casa di riposo non potevano escludere obblighi nascenti dalla conoscenza dello stato fisico dell’assistita, affetta in specie da Alzheimer, tanto più in quanto la permanenza durava da un anno e otto mesi;
- ne derivava la prevedibilità di condotte come quella che aveva portato alla scomparsa e poi la morte.
Avverso la decisione della Corte d’Appello la società convenuta è ricorsa in Cassazione deducendo che:
– la Corte appello avrebbe errato mancando di considerare che il Tribunale, condiviso dalla Corte d’Appello, non aveva specificato se avesse ritenuto sussistente la responsabilità in parola per fatto proprio o del proprio dipendente, che aveva omesso la custodia;
– la Corte di appello avrebbe errato affermando, la responsabilità della struttura per fatto proprio, quando, in ipotesi, il fatto poteva addebitarsi solo all’operatrice in quel momento in servizio e addetta, che non aveva compiutamente impedito l’allontanamento dell’assistita.
La Cassazione ha rigettato il ricorso e ha osservato che:
- la Corte d’Appello ha con chiarezza affermato, in coerenza con quanto statuito dal Tribunale, che si è trattato di responsabilità della struttura per fatto proprio, derivante dal perfezionato contratto atipico di spedalità, che doveva ritenersi includere gli obblighi di vigilanza, non ostandovi le inefficaci previsioni regolamentari interne né le dichiarazioni della figlia all’ingresso della madre, indicata come parzialmente autosufficiente e non pericolosa per gli altri, nella casa di riposo, posta la necessaria conoscenza da ritenere emersa in fatto e consolidatasi nella non breve permanenza, dell’assistita, senza che fossero intervenute, all’esito, richieste di modifica del rapporto contrattuale da parte dei gestori della casa di riposo;
- tale responsabilità è stata correttamente ritenuta nei visti termini, dovendo qualificarsi, la condotta della persona dipendente a mezzo della quale l’ente agisce, ai sensi dell’art. 1228, cod. civ. (“Salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si vale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro”).