Assegno divorzile e sacrificio lavorativo
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23/05/2024No al collocamento paritario se non risponde all’interesse del figlio minore
La Suprema Corte, con un recente provvedimento (Cassazione civile – Sezione I – Ordinanza del 6 febbraio 2024, n. 3372) ha stabilito che “La frequentazione, del tutto paritaria, tra genitore e figlio che si accompagna al regime di affidamento condiviso, nella tutela dell’interesse morale e materiale del secondo, ha natura tendenziale, nel senso che il giudice di merito ben può individuare, nell’interesse del minore, senza che possa predicarsi alcuna lesione del diritto alla bigenitorialità, un assetto che se ne discosti, al fine di assicurare al minore stesso la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena”.
Nel caso di specie un genitore ha presentato ricorso in Cassazione avverso il provvedimento che disponeva l’affidamento condiviso del bambino con collocazione presso l’abitazione dell’altro genitore. Peraltro il provvedimento impugnato teneva conto del fatto che il minore, in sede di audizione, aveva espresso la propria volontà di rimanere a vivere con un genitore, negando la propria disponibilità ad incontrare l’altro.
La Cassazione ha affermato che “La natura tendenziale del diritto alla genitorialità comporta che lo stesso debba essere assicurato tenendo necessariamente conto della realtà attuale e dell’interesse del minore a una frequentazione non paritaria, se questa situazione sia maggiormente confacente al suo benessere nell’immediato, ma avendo di mira anche il risultato da raggiungere in termini di stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi i genitori”.
Così, nel caso concreto, la manifestata indisponibilità del minore a riprendere una regolare frequentazione con il genitore non può essere ignorata, ma deve essere superata, al fine di creare i presupposti per una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive, attraverso un’opera professionale che faciliti la relazione in funzione di una successiva liberalizzazione delle frequentazioni (il C.T.U. nominato nell’ambito del giudizio di merito aveva proposto l’avvio di un programma di “incontri facilitanti” madre-figlio per tre volte alla settimana presso idonea struttura del territorio, prodromica ad una successiva fase di liberalizzazione degli incontri).
Dunque gli Ermellini asseriscono che “Questo diritto alla bigenitorialità, dunque, deve ritenersi pienamente rispettato dal provvedimento del giudice di merito che, preso atto dell’indisponibilità del minore ad incontrare un genitore, intenda evitare “un duraturo allontanamento del minore dalla figura materna (senz’altro assai dannoso per l’equilibrata crescita dei bambino)” e si proponga di creare i presupposti per “la ripresa e il mantenimento dei rapporti”, intendendo creare le condizioni per arrivare, nel futuro, a una frequentazione paritaria”.
La Corte di Cassazione osserva che, del resto “il giudicante è tenuto ad ascoltare il minore, qualora abbia una capacità di discernimento sufficiente, e a prendere una decisione nel suo interesse superiore, ma non a seguire pedissequamente il suo volere, che deve essere, invece, tenuto “in debito conto” (cioè considerato e ponderato con tutta l’attenzione che merita, dato che proviene dalla persona su cui si ripercuoteranno gli effetti della decisione). Ebbene, tenere nel debito conto è cosa diversa dal recepire tout court senza vaglio critico, rimanendo affidata al giudice e non al minore l’individuazione del superiore interesse di quest’ultimo”.
Spetterà così al giudice, ove intenda disattendere le valutazioni e le aspirazioni espresse dal minore nel corso del suo ascolto, compiere una rigorosa verifica della contrarietà di una simile volontà al suo interesse.