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25/09/2017Giustizia lenta: diritto all’indennizzo per l’eccessiva durata del processo
Lo Studio Soldati si è recentemente occupato di un caso di giustizia lenta: un processo protrattosi per molti anni, a fronte del quale è stato instaurato un procedimento avente ad oggetto la domanda di indennizzo per il pregiudizio subito dalla parte e conclusosi con l’accoglimento della domanda da parte dell’Autorità Giudiziaria.
La procedura suindicata si fonda sul diritto all’indennizzo da eccessiva durata del processo, fissato dall’art. 6, paragrafo 1, Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, che recita: “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge […]”.
In attuazione della normativa di cui sopra, è stata emanata nel nostro Paese la Legge 24 marzo 2001, n. 89, cosiddetta Legge Pinto, che consente a coloro che siano stati coinvolti in processi eccessivamente lunghi di essere indennizzati per il pregiudizio subito. La domanda di equo indennizzo prescinde dall’esito della causa in quanto essa può essere proposta sia dalla parte vittoriosa che da quella soccombente purché non si verta in ipotesi di abuso del processo (ad esempio nel caso di condanna della parte per lite temeraria).
La durata ragionevole del processo si considera rispettata se esso non supera la durata di tre anni per il primo grado, due anni per il secondo grado e un anno per i giudizi avanti la Corte di Cassazione. I procedimenti di esecuzione forzata si considerano di durata ragionevole se definiti entro tre anni mentre per le procedure concorsuali (ad esempio fallimenti, concordati preventivi) la legge Pinto ha fissato il termine di sei anni. Il termine ragionevole si ritiene in ogni caso rispettato se il giudizio definitivo e irrevocabile giunge nel termine massimo di sei anni.
A seguito delle modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità 2016 la procedura prevista dalla Legge Pinto può essere attivata solo dopo aver esperito i cosiddetti “rimedi preventivi” ovvero solamente qualora nel processo presupposto siano stati sfruttati gli strumenti processuali finalizzati ad accelerare il processo.
La domanda finalizzata ad ottenere l’indennizzo in questione si propone con ricorso al Presidente della Corte d’Appello del distretto in cui ha sede il Giudice innanzi al quale si è svolto il primo grado del processo presupposto.
La controparte è il Ministro della giustizia se il procedimento presupposto è un procedimento ordinario, il Ministro della difesa se il procedimento presupposto è un procedimento militare e il Ministro dell’economia e delle finanze in tutti gli altri casi.
Il ricorso va depositato, a pena di decadenza, entro il termine di sei mesi da quando è divenuta definitiva la decisione che ha definito il processo presupposto.
Una volta depositato il ricorso, il Presidente della Corte d’Appello o un magistrato designato provvede con decreto motivato entro trenta giorni.
Se il ricorso è accolto, il giudice ingiunge al Ministero convenuto di pagare la somma liquidata a titolo di indennizzo senza dilazione e autorizza la provvisoria esecuzione. Con il medesimo decreto vengono anche liquidate le spese ed è ingiunto il loro pagamento.
Ottenuto il decreto di accoglimento, è onere della parte ricorrente notificare al Ministero il ricorso, unitamente a detto provvedimento, entro trenta giorni dal deposito di quest’ultimo in cancelleria, diversamente il decreto diviene inefficace e la domanda non può più essere riproposta.
Se il ricorso è respinto la domanda non può più essere riproposta ma la parte può presentare opposizione.
In caso di accoglimento della domanda, il Giudice liquida a titolo di equa riparazione una somma compresa tra € 400,00 ed € 800,00 per ogni anno o frazione di anno superiore a sei mesi eccedente il termine di ragionevole durata del processo. Tuttavia, è possibile prevedere in determinati casi un importo maggiore o minore che non superi, però, il valore della causa o quello del diritto accertato dal giudice se inferiore.
Nell’ipotesi di processo dalla durata spropositata dunque il nostro ordinamento contempla lo strumento processuale previsto dalla Legge Pinto per tutelare i cittadini nel caso di processi la cui durata ecceda quella stabilita dalla legge, riconoscendo alla parte danneggiata la corresponsione di una somma di denaro a ristoro del danno patito.