L’oggetto della presente analisi è costituito dalla clausola contenuta nelle polizze infortuni di questo stile: “Le controversie di natura medica sul grado di invalidità permanente, nonché sull’applicazione dei criteri di indennizzabilità sono demandate per iscritto ad un collegio di tre medici, nominati uno per parte ed il terzo di comune accordo o, in caso contrario dal Consiglio dell’Ordine dei Medici avente giurisdizione nel luogo ove deve riunirsi il collegio dei medici. Il collegio medico risiede nel Comune, sede di Istituto di medicina legale, più vicino al luogo di residenza dell’assicurato. Ciascuna delle parti sostiene le proprie spese e remunera il medico da essa designato, contribuendo per metà delle spese e competenze del terzo medico. È data facoltà al collegio medico di rinviare, ove ne riscontri l’opportunità, l’accertamento definitivo della invalidità permanente ad epoca da definirsi dal collegio stesso, nel qual caso il collegio può intanto concedere una provvisionale sull’indennizzo. Le decisioni del collegio medico sono prese a maggioranza di voti, con dispensa da ogni formalità di legge, e sono vincolanti per le parti, le quali rinunciano fin da ora a qualsiasi impugnativa salvo i casi di violenza, dolo errore o violazione di parti contrattuali. I risultati dell’operazione arbitrale devono essere raccolti in apposito verbale, da redigersi in doppio esemplare, uno per ognuna delle parti”.
La Corte di Cassazione (Cassazione, sentenza n. 7176/2015 e n. 9315/2015) ha statuito la vessatorietà e dunque l’inefficacia, ai sensi dell’art. 33 del Codice del Consumo, della clausola che, prevedendo la c.d. “perizia contrattuale”, dispone una deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria.
Innanzitutto la previsione per cui ciascuna parte sostiene la spesa della nomina e della remunerazione del medico designato unilateralmente e contribuisce per metà alle spese e competenze per il terzo medico comporta una sostanziale limitazione dell’indennizzo eventualmente riconosciuto perché, dovendo sopportare la spesa dell’arbitro da lui nominato ed il 50% della spesa della nomina del terzo arbitro, il consumatore finisce per subire un esborso che si risolve in una riduzione dell’indennizzo o in una rinuncia al diritto se le spese superano l’ammontare dell’indennizzo stesso. Una clausola del genere infatti impedisce al danneggiato di ottenere l’integrale rimborso delle spese, al contrario di quanto accade in sede giudiziale.
La vessatorietà della clausola in esame deriva anche dal fatto che essa stabilisce che il collegio di medici, se ne ravvisi l’opportunità, possa deferire l’accertamento definitivo dell’invalidità permanente lasciando alla sua discrezionalità la concessione di una provvisionale sull’indennizzo e non l’obbligatorio riconoscimento di tale provvisionale con riferimento all’invalidità per come accertata. Siffatta previsione determina un evidente squilibrio contrattuale a sfavore del consumatore e a favore della compagnia assicurativa, sbilanciamento che non trova un equivalente davanti all’autorità giudiziaria.
Il carattere abusivo della clausola in esame va letto anche alla luce del più ampio panorama comunitario: la Direttiva 93/13/CEE del 05.04.1993 prevedeva l’inclusione, tra le clausole vessatorie (quindi inefficaci), di quelle che hanno per oggetto o per effetto “di sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali o vie di ricorso del consumatore, in particolare obbligando il consumatore a rivolgersi esclusivamente a una giurisdizione di arbitrato non disciplinata da disposizioni giuridiche…”, dovendo ritenersi tale l’arbitrato irrituale, del quale la c.d. perizia contrattuale rappresenta una specificazione. Il legislatore comunitario inoltre ha previsto un elenco di clausole dirette a garantire una tutela minima del consumatore e ha autorizzato i singoli Stati membri ad adottare una disciplina più severa a tutela del consumatore. Il diritto nazionale dunque non può violare quell’elenco minimo escludendo l’arbitrato irrituale (e la perizia contrattuale) dalle clausole vessatorie e prevedendo garanzie per il consumatore di portata inferiore rispetto a quelle garantite dalla direttiva comunitaria.
Alla luce di quanto sopra la giurisprudenza di legittimità ha affermato che in un contratto assicurativo per infortuni, concluso sulla base di condizioni generali predisposte dall’assicuratore, si deve considerare vessatoria e dunque inefficace, la clausola secondo la quale le controversie sul grado di invalidità permanente e sui criteri di indennizzabilità debbano essere demandate ad un collegio medico di tre membri, di cui uno ciascuno da nominarsi dai contraenti ed il terzo di comune accordo o dal Consiglio dell’Ordine dei Medici e che stabilisca: a) che le spese relative alla nomina e remunerazione del membro da nominarsi da ciascuna parte per l’intero e quelle del terzo per metà siano a carico di ognuno dei contraenti; b) che il collegio arbitrale possa rinviare ad epoca da definirsi l’accertamento definitivo del grado di invalidità permanente, con la sola possibilità di una provvisionale sull’indennizzo.